mercoledì 1 agosto 2012

“La posta in gioco è la Memoria e l’esistenza dei popoli”


“La posta in gioco è la Memoria e l’esistenza dei popoli” – 14/7/2012, discorso integrale del dott. Gianantonio Valli
15 Sunday Jul 2012


Damasco: il dott.Gianantonio Valli nella sede del Parlamento della Repubblica Araba di Siria
Riceviamo e pubblichiamo per conto dell’autore la trascrizione integrale del discorso del dott. Gianantonio Valli, tenuto alla manifestazione del 14 luglio 2012 a Milano in Largo Cairoli, in supporto e solidarietà con il popolo siriano ed il suo legittimo governo rappresentato dal presidente Bashar al-Assad, sotto attacco terroristico da parte di bande mercenarie al soldo e diretto comando dell’usurocrazia apolide, tramite le sue creature USA-Israele-NATO-e Petrolmonarchie del Golfo.
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“Esprimerò oggi liberamente pensieri che tutti abbiamo nel cuore. Ringrazio gli organizzatori della manifestazione, in particolare gli amici siriani, il direttore del quotidiano di liberazione nazionale Rinascita, esemplare per correttezza professionale, il direttore della rivista l’Uomo libero, sulla quale è uscito il resoconto del mio viaggio a Damasco (“L’Uomo libero” n. 73 – Siria 2012 – baluardo di libertà di Gianantonio Valli
Diario di un viaggio). Ringrazio voi per l’anticonformismo, o almeno la curiosità, che vi ha portati qui, a sentire voci fuori dal coro. Ringrazio infine il destino che mi ha concesso di vivere quest’ultimo, atroce ventennio di menzogne.
Lo ringrazio perché solo così ho potuto fare esperienza diretta, vedere coi miei occhi come sia possibile manipolare le masse attraverso l’«informazione democratica». Sui libri ho letto delle mani tagliate ai bambini belgi nella prima guerra mondiale e di atrocità ancora più grandi, sempre imputate ai tedeschi. Tali narrazioni vengono oggi riconosciute, quasi sempre e quasi tutte, come sconce invenzioni di propaganda. Sono quindi lieto di avere assistito di persona alla creazione di realtà fittizie con immagini manipolate e false «testimonianze» di falsi testimoni. In particolare, mi riferisco ai massacri compiuti da Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Israele. Compiuti col massimo di buona coscienza umanitaria e avallata dall’indifferenza dei popoli del Libero Occidente.
Ricordo per l’Iraq la farsa delle «bombe intelligenti», delle «fiale di antrace», delle fantomatiche «armi di distruzione di massa». I 120.000 morti del golpe compiuto dai militari algerini dopo la vittoria elettorale del Fronte Islamico di Salvezza. Il massacro del popolo serbo operato dalla NATO. E qui apro una parentesi, ricordando come obiettivo primario dei democratici fosse, allora come oggi, zittire a suon di bombe le televisioni. Allora serba, e poi libica, e poi siriana.
E l’esclusione dei giornalisti da Falluja, stragizzata al fosforo dagli americani, e da Gaza, stragizzata all’uranio dagli israeliani. Al contrario, le falsità create da al-Jazeera e da al-Arabiyya vengono riprese da ogni televisione e giornalone occidentale. Solleticando il buon cuore dei sudditi democratici, l’Afghanistan è stato aggredito col ridicolo pretesto di «liberare le donne dal burqa».
Quanto alla cosiddetta «primavera araba» ci si accorge solo ora che l’obiettivo centrale era la distruzione della Libia, riportata all’ovile occidentale. Nessuno ha poi parlato, se non per un giorno, del Bahrein, ove la repressione dei moti di libertà, quelli sì veri, ha richiesto il mitragliamento della popolazione da parte degli elicotteri americani.
Per la Siria, l’accento viene posto sugli shabiha, gli «sgherri» del cosiddetto «clan» del presidente Bashar. Tutto senza documentazione. In effetti, come documentare gli shabiha, i «fantasmi»? Se sono fantasmi, come se ne può fotografare la presenza? Altro che società dell’informazione! altro che la guerra in diretta, come ci hanno fatto credere con le indimenticabili scie verdi della contraerea irachena! Altro che la verità di chi diffonde su internet filmati girati nelle centrali di propaganda occidentali! Vedi le foto false sulla strage dei bambini di Hula. Schifosi pennivendoli, commentatori assetati di sangue alla Bernard-Henri Lévy – toh, guarda caso, un ebreo! – o peggio La Repubblica, megafono dell’intellighenzia giacobina.
Ogni aggressore della Siria ha i propri obiettivi. Certa è in ogni caso l’intercambiabilità dei personaggi. Il risultato è lo stesso che ad aggredire sia Bush, repubblicano massone bianco e cattivo, od Obama, negro massone buono e democratico. Il Nobel per la Pace zombizzato dall’odiosissima Hillary. Il risultato è lo stesso, vi sia il socialista Blair o il conservatore Cameron, il semiebreo destrorso Sarkozy o il semiebreo sinistrorso Hollande, i militari massoni di Istanbul o l’islamico Erdogan. Complici e pagatori pronta cassa, gli sceicchi delle monarchie del petrolio, sauditi e Qatar. E a tirare le fila, ovviamente, Israele.
Ho avuto la fortuna di passare in Siria la prima settimana di maggio. Sui giornalisti che si abbeverano, stando a casa loro, alle fonti più squalificate, ho anche un altro vantaggio: il mio cervello non lo paga nessuno. Certo, una settimana non permette di conoscere la realtà di un paese in tutta la sua complessità. Ma almeno io ci sono stato. E ho interrogato il generale medico, cristiano figlio di contadini, direttore del maggiore ospedale di Damasco. Incontrato decine di soldati feriti e mutilati. Intervistato il presidente del parlamento. Il ministro dell’Informazione. Il governatore di Daraa, la prima città ad essere infiltrata dai terroristi.
Il patriarca greco-cattolico Gregorios III ci ha parlato a nome di tutte le confessioni cristiane. Il massimo studioso dell’Islam, Mohammad Albouti, nella moschea degli Omayyadi, ci ha detto: «Credo nella vostra fratellanza più che in quella dei nostri cugini arabi che falsificano la verità».
A differenza della Libia, paese di tribù in eterna discordia, la Siria è un vero Stato, uno Stato laico nel quale convivono una quindicina di confessioni religiose e una ventina di etnie. La scuola è gratuita. La sanità è anch’essa a carico dello Stato. Se il presidente è di religione musulmana-alauita, il vicepresidente è di confessione sunnita. E non solo, il vicepresidente è una donna, l’unica donna a rivestire una carica di tale importanza nel Vicino Oriente. In Arabia Saudita alle donne è vietato persino guidare l’automobile.
Impressionanti, a confronto del deserto stepposo della Giordania, sono i cento chilometri che separano Damasco da Daraa, verdeggianti, bonificati e irrigati dalle riforme volute dal padre di Bashar, Hafez al Assad, «il padre della Siria». Un personaggio di umili origini divenuto generale d’aviazione, un modernizzatore che ha spazzato via le tracce del peggiore feudalesimo.
Che un paese assediato usi un pugno saldo per mantenere la convivenza civile, non fa meraviglia. La Siria è comunque un paese che sta vivendo una fase di dinamismo politico caratterizzato da una nuova Costituzione e dalla presenza di un multipartitismo sempre più vivace.


Rara istantanea nella storica casbah di Damasco: il dott. Gianantonio Valli (a destra) con il prof. Paolo Sensini, “Libia 2011-Jacabook.it- (a sinistra) – Foto di Filippo Fortunato Pilato per SyrianFreePress.net ©.

Contro questa splendida realtà l’Occidente ha scagliato migliaia di delinquenti comuni, veri e propri tagliagole, mercenari sperimentati in Libia, Iraq ed Afghanistan, religiosi esaltati contro il «miscredente» Bashar, terroristi salafiti, wahhabiti e alqaedisti, armati, addestrati, pagati e guidati dall’Occidente. Assassini che nelle zone più periferiche e in qualche città hanno creato repubblichette partigiane ove regna la violenza più cruda, dove hanno distrutto centinaia di scuole, eliminato impiegati statali, poliziotti, amministratori, insegnanti, medici, religiosi non allineati. Dove hanno sequestrato e massacrato cittadini di ogni età. Ma questo non ve lo diranno mai. Il tutto, in attesa delle bombe NATO. E di un bagno di sangue.
Per una documentazione su tali atrocità, indico su internet Maurizio Blondet (effedieffe.com) e soprattutto l’eccezionale SyrianFreePress.net e Networks con varie estensioni Video / Facebook / Siti e Blogs varii associati, coordinati dall’amico Filippo Fortunato Pilato, con cui ho condiviso esperienze e testimonianze in Siria, e l’insostituibile suo socio siriano, l’irriducibile patriota dott. Wajeeh Assaf, oltre ad altri collaboratori e autori come Ryuzakero, che già è impegnato su vari altri fronti tra cui LibyanFreePress.
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Finalmente, contro tale realtà assassina si è mobilitato con decisione, il 27 giugno, il presidente Bashar, affermando in parlamento: «Siamo entrati in una vera situazione di guerra, tutte le forze devono essere dirette alla vittoria».
Non sono mai stato politicamente corretto, non ho paura delle parole. Questo non è il tempo dei compromessi. È il tempo delle affermazioni assolute e delle negazioni radicali. Non è tempo di neutralità. Non è il tempo degli utili idioti del «né con Saddam né con Bush, né con Milosevic né con la NATO». Il privilegio dell’ignoranza lo lasciamo a chi sventolò gli stracci arcobaleno con scritto «pace», a coloro che usano termini ammuffiti come colonialismo e imperialismo. Si tratta di un blocco non solo psichico, ma pure culturale.
Il nemico dell’uomo, il nemico dei popoli liberi è il Nuovo Ordine Mondiale. È il mondialismo, l’universalismo, il cosmopolitismo. Il re è nudo, nudissimo. I Diritti Umani sono la più atroce impostura, inventata da coloro che vogliono dissolvere ogni comunità non sinto­niz­zata sulle loro frequenze. Sono un’arma letale. Sono l’arma intellettuale per distruggere le razze, le nazioni, l’umanità, le culture. Una cultura è un insieme coerente di memorie che garan­ti­sce la coesione di un popolo, impeden­dogli di scomparire in una massa indifferenziata di «esse­ri umani». L’umanitarismo, il ca­pi­talismo finanziario del quale gli Stati Uniti sono l’espressione più compiu­ta, è il male assoluto, un disastro come il mondo non ha mai cono­sciuto. Per­ché com­porta l’an­nien­ta­mento di ogni cosa.
Se qualche si­stema politico del pas­sato ha distrut­to gli indivi­dui, il Sistema ha decom­po­sto tutte le culture, attaccato i valori che fanno la spe­ci­ficità delle civiltà, privato l’uomo delle sue appartenenze naturali, ridotto le nazioni a folklore. Quando pure non ha distrutto, fisicamente, interi popoli.
          Dei suoi complici fanno parte gruppi come Amnesty International, come gli altermondialisti, i neoglobal già no global ! I cosiddetti «aiuti umanitari» mascherano i più torbidi interessi, quando non dirette forniture di armi. Già disse Proudhon: «Chi dice umanità cerca di ingannarti». Se non si capisce che l’universalismo è la tara di fondo, che la «vera democrazia» esiste solo nella mente di Giove, che la democrazia è solo democrazia reale – i marxisti direbbero formale – non si è capito nulla. La differenza non è più tra destra e sinistra, tra rossi e neri e così via. La differenza è fra mondialisti e difensori del diritto dei popoli ad essere se stessi.
Nella linea dell’universalismo si situa il delirio giudaico di Bush. In un discorso pubblico del 7 ottobre 2005 il mentecatto si è così vantato: «Io sto portando avanti una missione divina. Dio mi ha detto: George, va’ e combatti questi terroristi in Afghanistan, e io l’ho fatto. Poi mi ha detto: George, vai e metti fine alla tirannide dell’Iraq, e io l’ho fatto».
Due sono le caratteristiche di tali Prescelti da Dio, di tali Eletti a compiere la missione divina con buona, buonissima coscienza.
(A) In primo luogo, non esistono più dichiarazioni di guerra, da parte loro; e come potrebbero? un poliziotto non dichiara guerra al malvivente, agisce!; mancando una dichiarazione di guerra, mancherà poi sempre un trattato di pace; mai finirà la guerra, ed infatti il motto bushiano recita «guerra infinita»; almeno, cent’anni fa il presidente Wilson cercava la guerra «per porre fine a tutte le guerre».
(B) In secondo luogo, i Buoni non aprono le ostilità, sono costretti a rispondere alle «provocazioni» da loro stessi innescate. Nelle guerre i Buoni devono essere tirati per i capelli. Sempre. Così fu nel 1898 per la Spagna (e nelle Filippine gli americani uccisero 600.000 refrattari alla Missione Divina). Così fu nella prima guerra mondiale col Lusitania e nella seconda con Pearl Harbor. A pretesto per il Vietnam crearono l’«incidente del Tonchino». E non parliamo dell’autoattentato dell’11 settembre. Riflesso incondizionato, Le Monde e il Corrierone, direttori Colombanì e De Bortoli, titolarono: «Siamo tutti americani».
La lezione è stata imparata dal turco Erdogan dopo l’abbattimento dell’aereo spia nel cielo siriano: «Colpiremo la Siria se attaccati ancora». Nel frattempo, oltre a infinite minacce, proseguono le esercitazioni militari in Giordania e in Turchia, mentre gli Occidentali si vantano apertamente dell’addestramento, dell’armamento e della guida da loro fornita ai terroristi assassini.
In un’intervista televisiva a Damasco mi è stato chiesto: perché la Siria? Ho risposto che non è solo questione di geopolitica o di economia, ma anche di ideologia. I piani degli aggressori datano da decenni, sono piani a lunga scadenza. L’obiettivo finale è la distruzione delle nazioni e l’instaurazione di un unico governo mondiale. A guida, ovviamente, americana. A guida, ovviamente, dell’Alta Finanza. A guida, ovviamente, giudaica.
Sappiamo che non è un complotto, un oscuro, tenebroso complotto. Un complotto, quando gli scopi sono stati apertamente dichiarati, in decine di pubblicazioni?
(A) Nel 1997 una trentina di neoconservatori, ventotto dei quali ebrei, lanciò il Project for the New American Century, Progetto per il Nuovo Secolo Americano. Le stesse tesi di aggressione al Medio Oriente erano state espresse ventitré anni prima, nel 1974, nel finale del film «I tre giorni del Condor». Ovviamente, era una semplice fiction.
(B) Quanto a Israele, nel 1982 un gruppo di neorevisionisti capeggiati dal politologo Oded Yinon codificò la futura distruzione di ogni Stato considerato nemico. «Geopolitica del caos, i signori del caos», possiamo definire tale strategia. Frantumare gli Stati laici e modernizzatori – Iraq, Libia, Siria, Iran – in miniregioni in lotta una contro l’altra per motivi etnici e religiosi. Uno Stato dopo l’altro, la politica del «carciofo», eliminare una foglia dopo l’altra fino a giungere al cuore. L’ultima foglia è l’Iran. Il cuore, il nemico strategico dell’Alta Finanza, sono la Russia e la Cina. Ma i giochi non sempre riescono, e l’ultimo osso sarà troppo duro per questa banda assassina. Anche la distruzione dell’Europa, in quanto potenza alternativa agli USA, rientra nei piani.
Dal punto di vista ideologico le finalità sono quelle vantate da un personaggio buffo ma pericoloso, l’amministratore delegato FIAT Sergio Marchionne, quello dei maglioncini e della barba incolta, quello della delocalizzazione e della miseria nazionale. Cito tra virgolette: «Bisogna superare l’attaccamento emozionale al proprio paese». Ma la disgrazia, per loro, è che ci sono popoli che al loro paese – alla loro gente, alla loro nazione – non vogliono rinunciare.
          Noi non siamo all’interno di una disputa filosofica, ma di una guerra di civiltà. È una guerra politica, una guerra intellettuale, una guerra morale, una guerra spiri­tuale, è una guerra totale quella che ci coinvolge. La posta in gioco, nel suo senso più profondo, non è il Potere, ma la Memoria e l’esistenza dei popoli.
Per distruggere le appartenenze al mondo reale, fatto di razze, stirpi, nazioni, popoli e Stati, tre sono le strategie messe in atto dai Nemici degli uomini liberi.
(A) La prima è una strategia di distruzione armata contro gli Stati che non s’inchinano ai loro voleri nel Vicino Oriente, Africa e America Latina, ma anche in paesi europei come la Serbia.
(B) La seconda sono le rivoluzioni colorate – arancioni, viola, gialle, rosa, verdi e chi più ne ha più ne metta – contro i paesi ex comunisti. «Rivoluzioni» studiate a tavolino da gruppi come la Fondazione Società Aperta del supermiliardario George Soros. Guarda caso, sempre un ebreo.
(C) La terza, la strategia contro l’Europa, prevede l’invasione migratoria terzomondiale, la distruzione dello Stato sociale, la riduzione in miseria dei suoi popoli. Compiuta attraverso colpi di Stato chiamati governi tecnici. Due esempi: in Italia mister Monti, in Grecia l’altro maggiordomo Goldman Sachs. Colpi di Stato coordinati dalle massime cariche istituzionali e avallati dalla quasi totalità dei parlamenti, complici ricattati o semplici idioti.
Quella in atto è la stessa guerra che, con ben altre speranze, fu combattuta settanta anni fa dall’Europa. Contro gli stessi nemici, gli affamatori dei popoli liberi. Allora, contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente. Oggi, contro il Sistema demoliberale, maschera dell’Alta Finanza. La Siria è un esempio unico di fierezza e dignità, un rimprovero perenne per i popoli vili, un baluardo di libertà”.

Gianantonio Valli,
Milano, largo Cairoli, 14 luglio 2012