lunedì 16 maggio 2016

Mozione mancato rinnovo contratti - Interrogazione e Commento

Atto Camera

Mozione 1-01262
presentato da
RIZZETTO Walter
testo di
Mercoledì 11 maggio 2016, seduta n. 622
  La Camera, 
premesso che: 
in data 24 settembre 2016, sono state accolte una serie di mozioni alla Camera dei deputati con le quali il Governo si è impegnato, tra l'altro, ad adottare provvedimenti per assicurare la riapertura della fase negoziale con le organizzazioni sindacali, per il rinnovo della contrattazione per i comparti della pubblica amministrazione. Ciò in conformità a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 178 del 2015, che ha condannato un'ingiustizia che si sta perpetrando da ben sei anni nei confronti dei lavoratori pubblici, dichiarando l'illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti. Gli effetti di tale pronuncia decorrono dal giorno successivo alla sua pubblicazione, disposta in data 29 luglio 2015, poiché i giudici costituzionali hanno voluto escludere il notevole carico che sarebbe derivato sui conti pubblici dalla retroattività della sentenza; 
ad oggi, vige ancora il blocco della contrattazione collettiva e degli automatismi stipendiali, come imposti da una serie di norme susseguitesi nel tempo, legate da un palese nesso di continuità, per perseguire un obiettivo di contenimento della spesa. In particolare, il regime di sospensione della contrattazione collettiva risulta dalla seguenti disposizioni: articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 98 del 2011 («Manovra correttiva 2011»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 122 del 2013 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge n. 98 del 2011); articolo 1, comma 453, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014); articolo 1, comma 254, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015); 
come è noto, dunque, la Corte Costituzionale ha individuato nelle predette misure normative un carattere strutturale, che ha determinato una violazione dell'autonomia negoziale. I periodi di sospensione degli ordinari iter negoziali e contrattuali devono essere definiti nel tempo e non possono essere prolungati discrezionalmente. Al riguardo, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha evidenziato la necessità di «un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della comunità e i requisiti di protezione dei diritti fondamentali dell'individuo» riconoscendo la legittimità dei provvedimenti adottati dal legislatore portoghese in tema di riduzione dei trattamenti pensionistici, sul presupposto che tali misure avrebbero avuto efficacia per un ragionevole periodo di tempo. Invece, il carattere ormai sistematico della sospensione del regime di blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti italiani, è stato caratterizzato da un bilanciamento, del tutto irragionevole, tra esigenze di controllo della spesa, all'interno della programmazione finanziaria (articolo 81, primo comma, Cost.), e valori di rango costituzionale come la libertà sindacale (articolo 39, primo comma, Cost.), già soggetta ad incisivi limiti normativi e controlli contabili; 
ebbene, nonostante l'accertata illegittimità costituzionale del blocco della contrattazione, non sono stati ancora rimossi i limiti imposti allo svolgimento delle procedure negoziali concernenti la parte economica contrattuale. Quindi, dal 2010 i dipendenti pubblici vivono questa ingiustizia e sono trascorsi, vanamente, più di sette mesi dall'approvazione delle mozioni che il 24 settembre 2015, impegnavano il Governo ad assumere iniziative per riparare alle illegittime misure in questione; 
alle sentenze va dato seguito in tempi ragionevoli, tanto più in presenza di violazioni di diritti costituzionalmente riconosciuti; il protrarsi del ritardo del Governo nell'adempiere alla sentenza in questione non può essere in alcun modo giustificato dalla difficoltà di stanziare le dovute risorse finanziarie, considerando che lo stesso, a copertura di iniziative e provvedimenti ben meno rilevanti, ha prontamente individuato ed impegnato gli importi necessari; 
tale grave situazione in questi mesi ha subito un peggioramento, poiché a causa del considerevole ritardo nell'adempiere alla sentenza dei giudici costituzionali, il Governo sta, attualmente, esponendo le casse dello Stato ad un imminente danno economico, considerando la legittimazione dei pubblici dipendenti ad agire in giudizio per i danni determinati dalle lungaggini delle istituzioni nel ripristinare l'ordinaria dialettica contrattuale. Difatti, si fa presente che, il 23 febbraio 2016 si è appreso che alcune organizzazioni sindacali hanno presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo per ottenere: la condanna del Governo per il mancato ottemperamento alla sentenza della Corte costituzionale e il risarcimento per i lavoratori gravemente danneggiati dal mancato rinnovo contrattuale che si protrae, si ribadisce, da oltre sei anni. Inoltre, diverse associazioni stanno proponendo delle class action a cui i dipendenti pubblici possono aderire per ottenere un indennizzo/risarcimento; 
il Governo non può più rimandare i dovuti provvedimenti in questione, che riguardano circa 3 milioni e 300 mila lavoratori, i quali, in termini di retribuzioni, a causa del congelamento, è stato stimato che già fino al 2013 abbiano perso circa seicento euro; quindi il danno economico, ad oggi, è ancora più oneroso rispetto a tale importo,

impegna il Governo
ad assumere idonee iniziative volte a scongiurare il grave danno che comporterebbe per l'erario l'esito positivo dei ricorsi presentati per ottenere la condanna del Governo per il grave ritardo nell'adempimento della sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 2015 e il conseguente risarcimento/indennizzo per i lavoratori pubblici, procedendo urgentemente a rimuovere il regime di «blocco» della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti e, dunque, garantendo la legittima negoziazione contrattuale nel rispetto dell'articolo 39 della Carta Costituzionale. 

fonte


Commento:
La mozione presentata dall'onorevole Rizzetto ed altri pone in evidenza ancora una volta le notevoli criticita' di questo governo. I pubblici dipendenti sono senza contratto dal 2010 e nonostante la Corte Costituzionale avesse fortemente censurato il blocco della contrattazione  l'attuale maggioranza persiste nelle reiterate violazioni di leggi e sentenze senza rendersi conto dei danni prodotti alla categoria ed alla economia generale del Paese.
Dot. Paolo Boiano